Giovannino, tifoso di Coppi

 

Anche oggi, nel terzo millennio, non è facile trovare corridori ciclisti professionisti di origine meridionale. Possiamo quindi immaginare quali fossero le difficoltà di un giovanotto siciliano desideroso di darsi allo sport del pedale alla fine degli anni ’30.

Giovanni Corrieri, nato a Messina il 7 febbraio 1920, vinceva quasi tutte le corse alle quali partecipava. Era un campioncino. Ma cosa valeva essere il dominatore tra i dilettanti siciliani? Giovannino voleva fare il professionista.

Nel 1939 si trasferì in Toscana, a Prato, terra di ciclisti.

Era un bell’atleta, Giovannino, fisicamente ben costruito, alto un metro e settantasei. A quei tempi l’altezza media degli italiani non era quella di oggi tanto che, allora, Bartali – un metro e settanta meno che più – era considerato un corridore di statura medio-alta.

Il riccioluto Giovannino si mise subito in evidenza per le sue doti di passista-veloce. Le salite, invece, gli risultavano un po’ ostiche.

Durante la guerra ebbe modo di correre saltuariamente prima per la Gloria di papà Focesi poi per la Viscontea di patron Tamassia, due case milanesi.

Nel caotico 1945, tesserato per la A.S. Roma, riuscì ad imporsi nel Giro della Provincia di Reggio Calabria e nella Coppa Innocenti a Bottegone ma la sua vera carriera professionistica iniziò praticamente nel 1946, con il ritorno alla normalità. Aveva ventisei anni. Indossò ancora la maglia gialloblù della Viscontea e, nel 1947, colse la sua prima vittoria in una tappa del Giro d’Italia. Tredicesima tappa, Pescara-Cesenatico, volatona a ranghi compatti in cui il nostro Giovannino si prese il lusso di regolare allo sprint Adolfo Leoni, il Cipollini degli anni ’40, e l’estroso Luigi Casola, velocista bustocco. Nella classifica finale del Giro fu undicesimo, una prestazione quanto mai dignitosa se pensiamo che il suo capitano, Fiorenzo Magni, si classificò nono.

La vita di Corrieri cambiò radicalmente alla fine del 1947. Dovendo per rinnovare il contratto con la Viscontea decise di andare a Milano assieme ad Aldo Bini, brillante corridore toscano con il quale si allenava spesso.

Bini, gregario di Bartali alla Legnano, aveva pronto un nuovo contratto con la Benotto che, rimasta orfana di Oreste Conte, passato alla Bianchi, aveva pensato di ingaggiare l’esperto toscano per ricoprire il ruolo di sprinter.

Bini passò prima a salutare i suoi vecchi dirigenti della Legnano e lasciò Corrieri ad aspettarlo in auto. Dopo alcuni minuti scese e gli disse: "Giovannino, il patron della Legnano vorrebbe parlarti. Pare che Bartali abbia chiesto di assumerti". "Ma io ho già dato la parola alla Viscontea" obiettò impacciato". La situazione fu risolta dalla signorilità di Tamassia, patron della Viscontea: "Giovannino, tu sai che ti voglio bene come a un figlio però, se ti vuole il signor Bartali, vai pure".

E così Giovanni Corrieri, messinese trapiantato a Prato, divenne per ben sette anni l’ombra di Gino Bartali. Il bello è che era tifoso di Coppi

Con Gino condivise corse, riunioni, trasferimenti in auto, viaggi in treno, vittorie, sconfitte, messe, visite a chiese e santuari. Gino parlava, brontolava, ragionava ad alta voce e Giovannino ascoltava. Gino voleva una sigaretta e Giovannino gliela accendeva. Gino era lento a carburare in partenza e Giovannino gli stava sempre vicino, sfruttando le sue doti di passista. Quando poi arrivava la salita e Gino "era caldo" Giovannino si staccava e riposava.

L’avrebbero voluto all’Atala come capitano ma Giovannino preferì rifiutare. Coppi l’avrebbe preso volentieri con sé ma non glielo chiese nemmeno perché sapeva che non avrebbe mai lasciato Bartali. Eppure era tifoso di Coppi.

Corrieri ha confessato che, comunque, qualche aiuto a Coppi l’ha anche dato. Certo, solo quando la situazione in corsa gli dava la sicurezza di non danneggiare Gino. Andò anche a correre nella squadra di Coppi, la Carpano, ma solo nel 1956, a fine carriera, quando ormai Bartali aveva appeso la bici al chiodo da due anni. Coppi gli fece avere, infatti, l’ultimo contratto da professionista ma lo aveva aiutato, in un altro modo, anche l’anno prima. Tappa Genova-Viareggio. Volatone finale sul lungomare. Corrieri, in maglia blu-arancio dell'Arbos, si butta nella mischia ma non crede più di riuscire a superare Fiorenzo Magni. Da dietro qualcuno gli urla: "Dai, Giovannino, che ce la puoi fare!" La voce è quella di Fausto e Giovannino vince l’ultima corsa della sua carriera.

Corrieri conosceva benissimo sia Coppi sia Bartali e di loro diede questo giudizio a Marco Pastonesi che lo riportò nel suo libro "Gli angeli di Coppi": "Coppi aveva forse una classe più cristallina, ma doveva stare nelle regole. Faceva il corridore veramente. Bartali no. Bartali aveva il fisico: con il freddo o con il caldo, mangiava sciocco o salato, beveva e fumava. Proprio un corridoraccio. Proprio un campione".

Giovannino è stato fior di corridore. Anche se non gradiva le grandi salite, era fortissimo sia sul passo sia in volata. Ha corso dieci Giri d’Italia e sette Tour de France. Il suo albo d’oro annovera ventitrè vittorie, tra cui un Giro della Provincia di Reggio Calabria, una Sassari-Cagliari, sette tappe al Giro e tre al Tour.

Anche se, praticamente, viveva in simbiosi con Bartali, non sempre Corrieri si allenava con Ginettaccio. I lunghi e faticosi allenamenti del capitano non facevano per lui, in parte perché era un po’ "scansafatiche", in parte perché non aveva il fisico di Gino. Questo fatto lo portava, di solito, ad essere poco brillante all’inizio di una corsa a tappe ma verso la fine raggiungeva la forma migliore. Due esempi per tutti: il Tour del 1948 ed il Giro del 1949.

Nel Tour del 1948, quello del grande trionfo di Bartali, nelle ultime tappe Giovannino volava, tanto è vero che si impose sul traguardo di Metz, al termine della diciottesima tappa, battendo in volata cinque compagni di fuga e, tre giorni dopo, sul traguardo dell’ultima tappa, al Parco dei Principi, vinse superando di una ventina di metri il compagno di fuga Teisseire. Fece così il giro d’onore assieme a Bartali in maglia gialla.

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Nel Giro del 1949, dopo la mitica tappa Cuneo-Pinerolo, era prevista una tappa a cronometro di sessantacinque chilometri, da Pinerolo a Torino. Ebbene, il nostro Giovannino si classificò secondo, con un distacco di soli 1’32" dallo specialista Antonio Bevilacqua che "volò" ad oltre quarantatre di media. Il giorno dopo vinse in volata l’ultima tappa da Torino a Monza.

Pochi ricordano che Corrieri riuscì anche a vestire la maglia rosa. Era il 18 maggio 1953; si correvano due tappe, la mattina la Roma-Grosseto in linea, il pomeriggio la Grosseto-Follonica a cronometro. Nella prima tappa, il luogotenente di Gino, in libera uscita, si impose davanti ad Alfredo Martini, Annibale Brasola e ad alcuni altri compagni di fuga. Salì così in vetta alla graduatoria. Nella cronometro del pomeriggio, con la maglia rosa sulle spalle, si difese al meglio ma dovette passare le consegne allo svizzero Koblet. Il Giro lo vinse poi il suo "idolo" Coppi.

Un record, quello di Corrieri: la maglia rosa più breve della storia. Era riuscito ad indossarla per poco più di un’ora.

Oggi Giovannino vive sempre a Prato e, a ottantasei anni, va ancora a fare qualche giro in bicicletta, una "Bartali" naturalmente. Spesso gli chiedono notizie della sua vita con Bartali e lui ripete sempre che voleva bene a Gino perché era buono come il pane e tutto quello che ha fatto per il suo capitano non l’ha fatto nemmeno per la sua famiglia.

Niente male per un tifoso di Coppi!

 

21 giugno 2006