Il Tour del signor Brambilla

 

Il 25 giugno del 1947, con la prima tappa Parigi-Lilla, ha inizio la trentaquattresima edizione del Tour de France. La grande "boucle" torna dopo ben sette anni, duro pedaggio pagato alla guerra.

In questi sette anni sono cambiate molte cose. Henry Desgrange è morto nel 1940 ed il suo posto di direttore generale è stato preso da Jacques Goddet. Dell’organizzazione si incarica il quotidiano sportivo "L’Equipe". Non cambia invece la fortunata formula delle squadre nazionali.

All’inizio della stagione sembrava quasi certa la partecipazione di Coppi e Bartali, anzi, i due campioni avrebbero voluto addirittura "saltare" il Giro per partecipare al Tour. Polemiche a non finire. Fausto e Gino hanno poi partecipato al Giro e rinunciato alla grande corsa a tappe francese.

L’Unione Velocipedistica Italiana non partecipa ufficialmente al Tour.

In via ufficiosa, formata e guidata dal giornalista Guido Giardini, partecipa comunque una formazione capitanata da Aldo Ronconi, campione italiano in carica. Ronconi è supportato da Elio Bertocchi, Olimpio Bizzi, Giovanni Corrieri, Giordano Cottur, Egidio Feruglio, Vincenzo Rossello, Primo Volpi e gli italiani residenti in Francia Pietro Brambilla e Giuseppe Tacca. Questi ultimi due montano il cambio francese Simplex, quindi possono scambiare le ruote posteriori solo tra di loro mentre tutti gli altri montano il Campagnolo.

La rappresentativa italiana, a dimostrazione del carattere ufficioso della partecipazione, indossa la maglia azzurra anziché la tradizionale maglia biancorossoverde fornita dagli organizzatori.

Le prime tappe sono tiratissime e Ronconi riesce a vincere la terza tappa insidiando la maglia gialla del francese Renè Vietto, favoritissimo in assenza di Coppi e Bartali.

Nel clan italiano suscitano grandi polemiche i ritiri di Bertocchi e Bizzi. Giuseppe Ambrosini li attacca così: " …. Vi posso dire, e gli esperti del Tour lo confermano unanimemente, che non si è mai avuto un inizio così combattuto e stroncante. Gli italiani si sono fatti onore. Ne sono esclusi Bizzi e Bertocchi, scomparsi il terzo giorno senza una plausibile ragione. Fatti i loro affari, visto che in Francia si mangia meno bene che in Italia, considerato che ormai avrebbero dovuto sacrificarsi come gregari, essi hanno preferito tornarsene a casa".

Malgrado questa polemica, gli italiani si fanno onore anche se vengono accolti dai tifosi francesi al grido di "macaronì".

Oltre ad Aldo Ronconi, si porta nelle prime posizioni della classifica anche Pietro Brambilla. Brambilla, nato a Villarbeney in Svizzera nel 1919 da emigrati italiani, risiede da sempre in Francia e, dal 1939, è professionista. Ha corso per la Terrot, la Tendil, la Mercier ed ora è in forza alla Metropole. Quando corre in Italia veste la maglia dell’Arbos o della Fuchs.

Non ci sono grandi campioni in questo Tour. A casa Bartali e Coppi, a casa Louison Bobet, ancora troppo giovane per una corsa del genere, a casa alcuni vecchi campioni ormai spompati, non resta granché. Ne risulta pertanto una corsa apertissima e combattuta.

All’inizio sembra una questione franco-italo-belga, anche perché l’unico svizzero di qualità, Ferdy Kubler, se ne torna a casa quasi subito, dopo avere vinto due tappe ed indossato la prima maglia gialla. I belgi, però, tradiscono quasi subito le attese e restano in classifica – si fa per dire – solo Schotte e Impanis. Gli italiani Ronconi e Brambilla battagliano con successo nelle prime posizioni. I due sono ottimamente supportati da tutti gli azzurri rimasti in gara dopo la defezione per cause …. gastronomiche di Bertocchi e Bizzi. Tra i francesi, quasi tagliati fuori dalla classifica i vari Idée, Caput e Teisseire, resta a galla Fachleitner e, soprattutto, Renè Vietto. Vietto, corridore di origini italiane, non più giovane, è una specie di Raymond Poulidor ante litteram, amatissimo dai tifosi francesi, senza essere mai riuscito ad imporsi in gare importanti. Prima c’erano i campioni degli anni trenta, poi è arrivato Bartali. Questa è finalmente la sua grande occasione, ultima, irripetibile. I tecnici lo ritengono un uomo di classe, bizzarro, nervoso ed eccessivamente irregolare, un uomo che, prima o poi, in una corsa di tre settimane, troverà almeno una giornata storta. Ma i francesi sono tutti per lui.

Poco credito viene dato invece a Jean Robic. Robic, un bretone testardo, inquadrato nella squadra regionale dell’Ovest, è poco più di un nano - Gianni Brera lo chiamerà il "nanone" – ma è un combattente nato. Il suo terreno preferito è la salita, favorito dal peso, ma si difende su qualsiasi percorso. In pratica corre su una bicicletta da bambino con le ruote da adulto. E’ brutto in sella – e forse anche giù dalla sella – come nessun altro, si dimena nel pedalare, la sua andatura è tutta una serie di scatti e scattini ma che combattente! Lo chiamano "testa di vetro" per via di un paio di rovinose cadute e, forse, qualcuno lo chiama anche in un modo leggermente diverso, quando con i suoi scatti punzecchia gli avversari. Comunque porta sempre il casco. I maligni dicono che lo indossi anche a letto e che la parola "bomba" non gli sia proprio sconosciuta.

Robic vince per distacco la Lussemburgo-Strasburgo, quarta tappa, ma è Vietto che veste il giallo del primato dalla seconda alla sesta tappa per la gioia dei tifosi francesi.

Nella settima tappa, Lione-Grenoble, è ancora "testa di vetro" che dà fuoco alle polveri e vince con quasi cinque minuti su Brambilla. Ronconi toglie la maglia gialla a Vietto e, fra i disperati tifosi d’oltralpe, aumentano le grida di "macaronì" all’indirizzo dei corridori azzurri.

Due giorni dopo, Vietto, in compagnia del connazionale Apo Lazarides, saluta la compagnia, vince la tappa e riconquista le insegne del primato. I francesi impazziscono.

La battaglia è sempre accesa ma il bel Renè conserva la maglia per dieci tappe. Ne mancano tre alla conclusione. Questa volta sembra fatta per l’anziano "Poulidor".

Ma ecco la giornata storta: diciannovesima tappa, da Vannes a St. Brieuc, una terrificante cronometro individuale di 139 km. Vince a poco più di trentasei di media il passistone belga Raymond Impanis con 5’ sul secondo, l’incredibile Jean Robic, e sei minuti e mezzo su Aldo Ronconi. Vietto, in giornata-no, passa terzo in classifica a più di 5’ dalla nuova maglia gialla, Brambilla. Secondo, a circa un minuto, è Ronconi, seguono Jean Robic e Fachleitner. Per i tifosi francesi è lutto nazionale.

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Nella penultima tappa che porta i corridori a Caen non succede nulla. Brambilla conserva la maglia e Ronconi è secondo. Ormai è fatta, manca solo la Caen-Parigi, la passerella finale.

La Caen-Parigi misura 257 km. Per 227 km non succede nulla ma a 30 km dal traguardo scoppia il finimondo. I corridori nazionali francesi si coalizzano con i regionali e con i belgi. Nasce una fuga dalla quale sia Brambilla sia Ronconi restano fuori. Nella fuga ci sono Robic e Fachleitner. Per i nostri è finita. I francesi lasciano la tappa al belga Brick Schotte, come da accordi, e soffiano i primi due posti ai nostri Brambilla e Ronconi.

E così il "nanone" Robic, all’ultima tappa, vince quello che sarà il suo unico Tour perché, negli anni successivi, arriveranno Bartali, Coppi, Kubler, Koblet, Bobet.

Su "L’Equipe" del giorno dopo questo sarà il titolo: "En 30 km, Jean Robic, étincelant arracha la maillet à Brambilla qui s’écroula".

Non mancheranno le polemiche. Verrà stigmatizzato l’accordo tra i francesi e i belgi. I fuggitivi verranno accusati di avere approfittato della scia di compiacenti auto al seguito.

Qualcuno giungerà ad ipotizzare addirittura una complicità dello stesso Brambilla e dell’altro italiano residente in Francia, Tacca, che avrebbero accettato di …. perdere il Tour in cambio di particolari favori nello snellimento delle pratiche per ottenere la cittadinanza francese.

Perdere un Tour già vinto per diventare francese più in fretta? Mah!

Per la cronaca diremo che Tacca fu naturalizzato francese nel 1948 e che il signor Pietro Brambilla divenne monsieur Pierre Brambillà nel 1949.

 

1 luglio 2006