Dal Giro di Lombardia a "Lascia o raddoppia?"

 

Da quando abito in campagna – e sono ormai quattordici anni – torno malvolentieri a Milano. Non sopporto più il traffico, la difficoltà di parcheggio, la confusione, i rumori. Ho abitato a Milano per cinquant’anni esatti e ci sono stato bene. Però adesso la trovo diversa, mi sembra cambiato tutto, faccio fatica a riconoscere i luoghi dell’infanzia per cui ci torno solo quando non posso farne a meno. Sono stati i pattini di mia nipote a impormi di tornare qualche giorno fa. Elisa, mia nipote, ha dodici anni e pattina sul ghiaccio. Poiché i pattini ogni tanto richiedono di essere affilati ecco che entra in scena il nonno per portarli a Milano perché più vicino non c’è nessuno che li affili. A malincuore, qualche mattina fa, ho messo la borsa dei pattini nel bagagliaio della mia vecchia utilitaria - dieci anni di onorato servizio, duecentoventimila chilometri percorsi – e via verso Milano! Peschiera Borromeo, Idroscalo, viale Argonne, Stazione di Lambrate, via Vallazze, Piazza Aspromonte. Mentre imboccavo via Pecchio per portarmi in viale Abruzzi ho avuto come una visione di altri tempi: un anziano signore, alto e snello con una foltissima chioma candida. Mi è tornato subito alla mente Lauro Bordin. Non era e non poteva essere lui perché avrebbe dovuto avere centoventi anni. Il viso era completamente diverso ma il luogo, quel fisico asciutto e, soprattutto, quella gran massa di capelli bianchi mi avevano fatto un certo effetto. Negli anni ’50, Lauro Bordin abitava proprio in via Pecchio e mi capitava spesso di vederlo passare in sella ad un "Aquilotto" della Bianchi, con la macchina fotografica a tracolla.

Ma oggi, a distanza di tanti anni, chi si ricorda ancora di Lauro Bordin?

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Lauro Bordin era nato il 7 luglio 1890 a Selva di Crespino, nel Polesine. Frequentò le scuole tecniche a Rovigo andando e tornando in bicicletta. Scoprì di andare forte e pensò di correre. Nel 1907 partecipò a una Milano-Desio-Milano classificandosi terzo malgrado, per un errore di percorso, avesse coperto dieci chilometri in più. Passò professionista nel 1910 e corse per case importanti: Legnano, Stucchi, Maino, Bianchi, Dei, Ganna. Terminò la carriera nel 1924 con la maglia della Cicli Bordin.

Era un passista tenace in possesso di un discreto spunto di velocità. Allo sprint si aggiudicò, in maglia Bianchi, il Giro di Lombardia del 1914 dopo avere stranamente tenuto duro sulle salite. Effettivamente la salita non era il suo forte e questo gli impediva di curare la classifica nelle corse a tappe. Prese il via in undici giri d’Italia portandone a termine solo cinque tra cui quello del 1912 disputato a squadre. Miglior piazzamento fu un ottavo posto conquistato nel 1919. Si iscrisse quattro volte al Tour: in due edizioni non partì mentre nelle altre due si ritirò alla quinta e alla settima tappa.

Malgrado non fosse tagliato per le corse a tappe, Bordin era un "duro" tra i pionieri del ciclismo. Nel 1911 vinse al Giro la tappa Bologna-Ancona superando allo sprint il leggendario Petit Breton. Fu più volte "profeta in patria" vincendo per due volte consecutive il "suo" Giro del Polesine e mettendo il sigillo nella tappa Ascoli-Rovigo di ben 419 km del Giro del 1913. Nel Giro del 1914 fu protagonista di una fuga solitaria di 350 km ma venne ripreso a 30 km dall’arrivo. Rischiò anche di diventare campione italiano ma fu battuto da Costante Girardengo, il "campionissimo" dell’epoca.

Quando appese la bicicletta al chiodo, Bordin si trasformò in fotografo. Cominciò a seguire le corse ciclistiche facendosi ospitare a bordo delle ammiraglie e non è difficile trovare foto di Binda o di Guerra con la scritta "Foto Bordin". Non si occupò solo di foto sportive, anche se la sua chioma bianca spiccava spesso sul prato del Vigorelli, ma si dedicò anche a grandi personaggi dello spettacolo e del cinema. Fu fotografo fisso a "Lascia o raddoppia?". Al quiz di Mike il concorrente Mario De Maria vinse i fatidici cinque milioni portandosi in cabina come esperto per la domanda finale proprio il vecchio Lauro, che amava definirsi un "corridore-artista".

La vita di Lauro Bordin si concluse, purtroppo, malinconicamente a Milano in un ospizio il 19 maggio 1963 mentre, ormai cieco, stava ascoltando con la radiolina la cronaca della prima tappa del Giro d’Italia.

 

3 novembre 2010