Quando si ascoltava "Giringiro"

 

"Aspetta! I piatti li laverai dopo. Vieni, ascoltiamo Giringiro."

Era una frase non infrequente nelle case italiane dei primi anni cinquanta: il marito invitava la moglie a soprassedere alle faccende di casa per ascoltare assieme Giringiro.

"Giringiro" era una trasmissione radiofonica al seguito del Giro d’Italia e andava in onda tutte le sere dalle varie sedi di tappa. Era una trasmissione allegra, semplice, accattivante, che piaceva alle famiglie, non solo ai patiti del pedale.

Il cast non era niente male: tra gli altri c’erano Mario Riva, la sua eterna spalla Riccardo Billi e la moglie di Riva, Diana Dei. C’erano gli episodi di "Pippo e Peppe al Giro d’Italia", un tormentone nel quale Billi e Riva impersonavano Pippo e Peppe, due romani che avendo saputo che tra i corridori iscritti non era presente neppure un loro concittadino, avevano deciso di partecipare al Giro, al fine di salvare l’onore della Capitale.

Ogni mattina si svegliavano di buon’ora per prendere il via nella tappa del giorno. Pervasi inizialmente da grande furore agonistico, attraverso dubbi, scuse, esilaranti e tendenziose argomentazioni, finivano inevitabilmente con il voltarsi dall’altra parte e … "bonanotte".

La cosa si ripeteva di tappa in tappa fino all’ultima, in occasione della quale, Pippo e Peppe, più che mai decisi a salvare "l’onore sportivo de Roma", finivano con il convenire che per una sola tappa non ne valeva proprio la pena.

C’era poi una rubrica dedicata alle fatiche di quei corridori che aspiravano alla maglia nera. La sigla di questi episodi, parodiando la canzonetta napoletana "’A mogliera", finiva con queste parole:" …se te la piglia (la maglia nera) Umberto Drei piangerà persino lei: se te la piglia poi Casola non c’è più chi ti consola: in ogni modo, ogni maniera, uh, che guaio è la maglia nera".

Lo spettacolo aveva una comicità semplice, forse ingenua, che però piaceva a tutti, anche ai bambini.

L’avvento della televisione in breve tempo cambiò tutto; sparì il Giringiro radiofonico e furono mandati in onda programmi più adatti al nuovo mezzo di comunicazione, prendendo gli spunti comunque dal Giro d’Italia.

Il Quartetto Cetra cantava "Ciao, mama", una canzoncina allegra di buon successo.

"… ciao, mama, il medico mi dice se faccio la salita s’infiamma l’appendice ma in cima alla salita c’è la fama. Ciao, mama. Vedrai che vincerò. Per ora ho soltanto tanta fama. Ciao, mama. Scodella il minestron".

Un personaggio indimenticabile di quei tempi fu Gregorio il gregario, con Ugo Tognazzi che impersonava un curioso ciclista dalla parlata veneta ma con il naso e la voce roca di Bartali.

Gregorio-Tognazzi si presentò una volta con uno strano fischio in gola. L’intervistatore gli chiese cosa fosse quel fischio e Gregorio spiegò che era tutta colpa del suo direttore sportivo, il quale gli aveva ordinato di "succhiare la ruota" dell’avversario più pericoloso. E allora? E allora, "ostregheta", gli era rimasta in gola la "valvoleta".

La trasmissione televisiva sul Giro di maggior successo fu però "Processo alla Tappa" di Sergio Zavoli.

Zavoli riusciva a riunire, in una specie di appetitosa macedonia, la parte tecnica, il patetico, il serio ed il faceto.

Nel "Processo" i veri protagonisti erano i corridori e questa era la grande novità. In precedenza, i protagonisti erano attori che interpretavano sketch, ora avevamo corridori che, raccontando i loro problemi, le loro speranze, la loro vita reale, facevano spettacolo.

I più divertenti di questi corridori-attori furono Gianni Motta , Vito Taccone, Miro Panizza e Dino Zandegù, massimo rappresentante della categoria e del quale parleremo un’altra volta.

Vittorio Adorni da Parma, corridore elegante e raffinato, abituale frequentatore del Teatro Regio, intervistò in corsa Anquetil e Jimenez, mostrando una più che apprezzabile dimestichezza con le lingue straniere.

Zavoli, dal sedile posteriore della motocicletta faceva anche le interviste in corsa. Memorabile fu quella fatta a Lucillo Lievore da Breganze, durante una lunghissima fuga senza speranza.

Come va? - Sono in crisi.- Ha mangiato? – Poco. – Ha fame? – Sì – Perché non mangia allora? – Non riesco a mandare giù niente …ho un po’ di "emosione". – E’ il suo primo Giro? – Sì. - Che mestiere faceva prima? – Il muratore. – Pensa di guadagnarsi da vivere con il ciclismo? – Spero. Intanto cerco di finire questo Giro, poi si vedrà. – Cosa pensa un corridore quando è in fuga? – Sempre di pedalare. – Ha paura? – Sì. – Di che cosa ha paura? – Di voltarmi indietro: quando ci si volta indietro non si pedala più.

Caro, patetico, Lucillo Lievore da Breganze, classe 1940, in maglia Mainetti al suo primo Giro! Restò sei anni tra i protagonisti, senza ottenere una sola vittoria. Disputò cinque volte il Giro d’Italia e, per cinque volte riuscì a finirlo: 63°, 70°, 86°, 56° e 75°.

Prendendo lo spunto da questa vicenda, Raimondo Vianello, in un altro programma, impersonò Buleghìn, un corridore ovviamente veneto, che veniva intervistato durante una lunga fuga solitaria. Ad ogni domanda rispondeva con il fiato sempre più corto, mentre la salita diventava sempre più dura. Ruotando lentamente la telecamera, veniva procurato l’effetto dell’aumento della pendenza, finchè Vianello e la sua bici si trovarono in posizione perfettamente verticale. Un attimo e poi cadde giù, sparendo nella parte bassa dello schermo.

Il commento tecnico, nel "Processo", poteva avvalersi di eccezionali firme del giornalismo sportivo e non.

Resta indimenticabile un dibattito sul fatto più importante del Giro del 1969: l’espulsione per positività di Cannibale Merckx, precedentemente intervistato, piangente, nella sua camera d’albergo.

Oltre a Zavoli, erano presenti Giampaolo Ormezzano, Bruno Raschi, Gianni Brera con sigaretta, Enzo Biagi e Indro Montanelli. Eccezionale!

Per noi, giovani dell’altro ieri, partendo da "Giringiro" per finire a "Processo alla tappa" penso siano ricordi indelebili.

Da qualche anno, durante il Giro, viene riproposto "Processo alla tappa". L’hanno condotto prima Claudio Ferretti e poi Bisteccone Galeazzi … ma quello di Zavoli era un’altra cosa!

Considerazioni oggettive o nostalgia di gioventù?

 

22 maggio 2004